San Giorgio Jonico: Luoghi di interesse storico culturale

San Giorgio Ionico è un comune italiano di 15.975 abitanti (dati ISTAT) della provincia di Taranto, in Puglia, situato a circa 13 km da Taranto. La città è ubicata a 75 metri sul livello del mare e ha una superficie territoriale di 23,56 km². La densità di popolazione è di 689,6 abitanti per km². Confina con i Comuni di Monteiasi, Monteparano, Carosino, Roccaforzata, Faggiano e Taranto. È situata a 10 km al Sud-Ovest di Grottaglie. ‘All'interno del territorio del Comune di San Giorgio Jonico non è consentito l'insediamento di centrali nucleari né lo stazionamento o il transito di ordigni bellici nucleari e scorie radioattive'. San Giorgio Ionico sorge sulle pendici di un affioramento calcareo della Serra Belvedere, ultima propaggine delle murge tarantine, parzialmente ricoperta da pineta, che prosegue verso Roccaforzata (Serra di Sant'Elia o Monte Doro) e si estende fino a San Crispieri. Anticamente questa serra era conosciuta con il nome di colline dell'Aulone, tanto decantate dal poeta Orazio. In direzione Nord, Nord-Ovest, nella zona compresa tra l'ex tronco ferroviario “Circum Mare Piccolo Taranto” e il borgo San Giovanni, il territorio presenta una conformazione altimetrica lievemente digradante. Notevole è la vallata che si estende tra San Giorgio Ionico e la vicina città di Grottaglie, come estesa è la pianura che giunge fino a Pulsano e Leporano. Nel complesso, il paesaggio mostra quei tipici lineamenti delle coste originatesi dal sollevamento geologico che hanno ampie superfici pianeggianti situate ad altezze che variano dai 20 agli 80 m sul livello del mare. Esistono due teorie ben strutturate circa l'origine del toponimo San Giorgio: la prima è collegata ai monaci basiliani, fuggiti dalla persecuzione iconoclasta dell'imperatore bizantino Leone III Isaurico e arrivati sulle coste ioniche e nel Salento (754-775 d. C.); la seconda legata al flusso migratorio dei popoli albanesi al seguito del condottiero Giorgio Castriota Scanderbeg, principe di Kruja. Entrambe le teorie hanno in comune l'Oriente e la devozione al santo martire di Lidda, San Giorgio. Entrambe le teorie sono messe in discussione da alcuni storici. La violenta persecuzione senza precedenti perpetrata contro i monaci, colpevoli secondo l'imperatore Leone III di abusare delle immagini sacre, alla stregua degli idolatri, portò in Puglia un flusso di religiosi costretti a nascondersi in luoghi solitari come grotte, foreste e sulle pendici delle colline, che divennero luogo d'alloggio e di preghiera. Laddove non poterono adattare grotte naturali, scavavarono nella roccia più friabile, creando rifugi simili a pozzi. Tracce di questi insediamenti si trovano in alcune cave di tufo, nel calcare della Serra Belvedere (tra San Giorgio Jonico, Faggiano e San Crispieri), dove sono presenti alcune cripte. Come è ben noto, la devozione a San Giorgio fu diffusa agli ordini monastici da san Teodoro il Siceota, del cui culto fu propagatore durante tutta la vita. Terminata la persecuzione iconoclasta i monaci abbandonarono a mano a mano i loro rifugi e innalzarono, nei paesi più importanti, chiese e monasteri di rito greco per lo più dedicate alla Madre di Dio, la Theotókos, la Madonna di Costantinopoli, San Basilio, Sant’Antonio Abate e San Giorgio. Questi luoghi divennero ben presto importanti centri culturali e sociali: si occupavano dell'istruzione dei fanciulli e degli adulti, insegnavano le tecniche della pesca e dell'agricoltura, dissodavano la terra, rendevano fertili le paludi e le affidavano alla gente del posto per coltivarle. Dunque il nome di San Giorgio, al piccolo agglomerato agricolo, sarebbe stato dato dai monaci basiliani. La scomparsa dei monaci, avvenuta non oltre il sec. XIV, provocò la graduale distruzione dell'insediamento primitivo. Durante il periodo normanno, il sito di San Giorgio venne donato ai monaci benedettini, diventando uno dei tanti possedimenti cavensi, amministrato dall'abate Orsi del Monastero di Taranto. 'Le migrazioni storiche degli albanesi verso l'Italia si sono susseguite lungo un arco di tre secoli, ossia dalla metà del XV secolo alla metà del XVIII secolo'. I primi arrivi, lungo le coste ioniche sarebbero avvenute tra il 1399 e il 1409, la maggior parte si concentrò in Calabria nel periodo delle aspre lotte tra feudatari. La seconda ondata si ebbe tra il 1416 e il 1442, quando il nobile albanese Demetrio Reres, avendo reso alcuni servigi ad Alfonso I di Aragona, ottenne in ricompensa alcuni terreni in Calabria e in Sicilia. La terza migrazione si ebbe dal 1461 al 1470, quando Giorgio Castriota Scanderbeg venne in aiuto di Ferrante I d'Aragona nella guerra contro i baroni alleati degli Angioini. Al principe di Kruja furono concessi come compenso dei territori pugliesi, tra questi anche alcune terre della murgia tarantina. Altre migrazioni avvennero tra il 1470 e il 1478 e tra il 1533 e 1534. L'origine del nome di San Giorgio Ionico sarebbe legata a Scanderbeg. Uno scrittore e religioso albanese, ecclesiastico di Scutari, Marino Barlezio, nel 1510 influenzerà la cultura delle comunità Arbëreshë, con la storia, forse inventata, del sogno di Scanderbeg e dell'apparizione del megalomartire Giorgio difensore dell'Albania. Secondo il Barlezio, 'Scanderbeg diceva a tutti che San Giorgio, difensore dell'Albania, gli era apparso in splendide vesti e gli aveva consegnato una spada di fuoco, con la quale sterminare i nemici della cristianità'. La fantasia popolare di quel tempo ha poi ricamato sulle gesta del valoroso cavaliere albanese un abito leggendario, confondendo queste gesta con quelle del santo cappadoceo. La presenza dell'antico casale di San Giorgio è comunque attestata in un documento angioino del 1272 che attribuisce la proprietà del feudo ad un duca di origine francese, Simone de Belvedere (o di Bellovidere) giustiziere della Terra di Bari (provincia)|Terra di Bari sotto Carlo I d'Angiò, il quale gli assegnò quel feudo nel 1272. Altri documenti del 1522 riportano il nome di San Giorgio (casale di San Giorgio)[20][21]. Dal 1522 al 1862 San Giorgio Ionico mantenne il toponimo di San Giorgio. Dal 1862 al 1926 si chiamò San Giorgio sotto Taranto, dal 1926 fino ad oggi San Giorgio Jonico (con la J). Testimonianze per lo più incomplete e frammentarie, costituite da reperti venuti alla luce nel corso di scavi eseguiti in diversi tempi e in diversi luoghi, permettono di ricostruire, seppur con molta approssimazione, il passato della cittadina ionica. I segni di una costante frequentazione antropica, del periodo preistorico e paleostorico, sono affiorati con il ritrovamento di porzioni di villaggi del neolitico, dell'età del Bronzo e del Ferro. Nel calcare delle colline sangiorgesi si possono osservare alcune grotte senza dubbio frequentate in età preclassica e riutilizzate successivamente dai monaci basiliani. In queste grotte l'archeologo e biologo marino Pietro Parenzan, durante una esplorazione, raccolse ossi di fauna quaternaria e qualche strumento litico. La vasta necropoli rinvenuta nei pressi del monte Sant'Elia testimonia invece i resti di una fortificazione ellenistica (strutture abitative, fosse e tratti di un muro di fortificazione a semicerchio; sepolcreto di datazione VI sec. a.C. - I sec. a.C.). Non a caso la città di San Giorgio, insieme ad altri centri come Leporano, Pulsano, Carosino, Monteiasi, Crispiano e Statte, è situata nella chora tarantina, cioè la zona di sfruttamento agricolo della Taranto magnogreca. La zona in passato fu abitata anche in epoca romana come si evince da ritrovamenti di basamenti di case e ville romane di età imperiale, rinvenuti in diversi luoghi intorno alla città, e in particolare nella necropoli del Feudo. Dal suo territorio passava anche il tratto Taranto – Brindisi dell'Appia antica. Lo sviluppo del borgo, invece, si fa risalire al X secolo, quando profughi Cristiani di Taranto, che veniva saccheggiata dai Saraceni, si stabilirono nei pressi dell'attuale Chiesa Madre (Maria SS. del Popolo). Un antico documento del 1269 dà notizia circa l'assegnazione di un feudo nella terra d'Otranto, da parte del re Carlo I d'Angiò, al barone francese Simone de Belvedere. Nuove migrazioni, nel XV secolo al seguito del condottiero albanese Giorgio Castriota Scanderbeg, popolarono San Giorgio e altri comuni del tarantino orientale (oggi individuati come “Albania tarantina”). Un'altra ipotesi, contestata, sull'origine di San Giorgio, si basa sulla lettura di un documento del 1072 conservato nel Monastero benedettino della Trinità di Cava, dove si legge che il conte di Taranto, Petrone, dona all'abate Orso, del monastero benedettino di Taranto, un'Ecclesia Sancti Georgi intus in Gualdam con tutte le sue pertinenze. Da qui, per alcuni storici, la conclusione che, già nell'XI secolo, intorno all'attuale Chiesa Madre di San Giorgio vi fosse un nucleo abitato. Altri storici, però, datano la fondazione dell'attuale nucleo di San Giorgio tra il XV e il XVI secolo. Infatti, il nome di casale compare per la prima volta nei documenti nel 1522. La popolazione di San Giorgio inizia a crescere rapidamente grazie a molti immigrati albanesi e a quegli abitanti che abbandonavano i casali di Belvedere e Pasone. Le vicende storiche di San Giorgio nel XVII secolo, sono legate soprattutto alle controversie interne della famiglia Muscettola, che crearono un effetto di rallentamento nella crescita del paese, che riprenderà, poi, nella seconda metà del XVIII secolo, quando Ferdinando IV limiterà i privilegi feudali e procederà a scorporare i latifondi. San Giorgio verrà suddiviso così in 350 quote, e da questo ha inizio la cultura contadina (della coltivazione e degli scambi dei prodotti agricoli) che sarà alla base dello sviluppo economico del centro. Ma gli strascichi feudali vengono di fatto abbandonati solo nel XIX secolo; questo sarà per San Giorgio il preludio per una forte crescita civile ed economica, che è continuata fino ai nostri giorni.